Carlotta in una scena dello spettacolo "Shakespeare on the beat" a.s 2016-17)

La mia scuola, un’idea di felicità

Carlotta Maggi, classe 2000, nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il diploma

Carlotta Maggi, classe 2000, nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il diploma di Liceo Linguistico presso la nostra scuola.
Dallo scorso settembre vive a Parma, dove studia Economia e Management (curriculum delle nuove tecnologie) digitali all’Università.
La Fenice l’ha raggiunta per raccogliere il suo ricordo del Liceo Aristosseno.

È passato quasi un anno da quando ho dovuto dire addio alla quotidianità nel mio caro liceo: era il 3 luglio, ero l’ultima a dover sostenere gli orali il primo giorno del calendario e penso che quella giornata sia stata una delle più emozionanti che abbia vissuto in tutta la mia vita.

Carlotta dopo il suo esame di maturità (luglio 2019)

Avendo molto tempo a disposizione, feci un giro nell’edificio, l’ultima volta che potevo passeggiare tra quei corridoi come una studentessa; trattenni le lacrime tutto il tempo, non era solo per l’agitazione del momento, ma per la consapevolezza che tutto quello che avevo chiamato quotidianità negli ultimi cinque anni sarebbe diventato da lì a poco una vecchia abitudine. Da Settembre non sarei più dovuta arrivare davanti all’ingresso alle 7:30 per la famosa “corsa ai posti”; non avrei più dovuto fare francese le prime due ore del lunedì; né cercare l’aula della lezione di spagnolo; né uscire durante le ore di arte per approfittarne per ripetere le altre materie; né sentire i brividi quando la prof. di italiano decideva che era arrivato il momento di interrogare;  né “pregare”insieme ai miei compagni prima dei terribili compiti di matematica.

I miei compagni. Non eravamo una classe numerosa, appena 24 ragazzi – per gli standard  dell’Aristosseno è davvero poco – e menomale! Già in ventiquattro eravamo “movimentati”, fossimo stati di più sarebbe stato molto peggio… non tanto per noi, chiaramente,quanto per chi doveva tenerci a bada!

Ci hanno sempre dipinti come una “bella classe”, ma la verità è che siamo diventati uniti solo alla fine, durante gli ultimi due anni.  Arrivavamo a passare insieme giornate intere, senza vederci solo per poche ore, perché dall’aula si passava alle feste e scoprivi aspetti dei tuoi compagni che non avresti mai sospettato – in ogni caso, erano persone con le quali condividevi cinque ore per sei giorni a settimana

Non è stato facile riuscire ad amarsi, abbiamo avuto tanti alti e bassi, ma quanto è stato difficile lasciarsi!
Gli scherzi durante le lezioni, le interrogazioni sostenute per sostituire qualcuno in difficoltà, le lezioni per imparare a copiare, i suggerimenti più assurdi durante i compiti in classe, le imitazioni dei professori…
Ogni scusa era buona per farsi una risata e per stare insieme. Le discussioni non mancavano, alle volte erano anche pesanti, ma eravamo bravi a passarci sopra e far tornare tutto subito come prima.

Quando arrivi in questo nuovo mondo, l’università, la cosa più difficile da accettare è dover dire addio al rapporto confidenziale coi docenti. Il problema non è tanto farsi nuove amicizie – in fondo negli anni ti è già capitato di vivere situazioni in cui hai dovuto conoscere gente da zero – ma passare dall’essere chiamato per nome (almeno alcune volte) al divenire un semplice numero, anonimo e uguale agli altri. Non è semplice.

Tra tutte le cose apprese in cinque anni di liceo, penso che la lezione più importante sia quella che mi hanno dato i miei professori. Qualsiasi alunno, almeno  una volta (o molte di più?), ha pensato che quel professore non fosse capace di capire come fossero fatti davvero i suoi alunni; ma l’inesperienza tradisce: il loro intento è quello di educarci, anche se noi in quel momento non ce ne accorgiamo.

Carlotta in una scena dello spettacolo “Arihistory” (a.s. 2015-16)

Durante tutto il tempo che passiamo insieme, ci sembra che i professori pensino solo a svolgere il proprio lavoro, mentre invece, ogni giorno, stanno analizzando attentamente come aiutare i propri  ragazzi a diventare adulti.
Il commento più comune sui prof. è che, una volta associato un alunno a un voto, non c’è verso di cambiare ai loro occhi – che a scuola si diventa un voto, insomma. Non sono d’accordo.
Sono stata molto fortunata ad essere diventata quella che sono grazie ai miei professori: una sgridata davanti a tutti; uno sguardo di approvazione; lo spronarmi a dare sempre di più; una conversazione su argomenti extra-scolastici per allargare gli orizzonti; le distanze iniziali nei rapporti, per poi confessarsi gli apprezzamenti più veri… tutto questo è stato per me molto più utile, più gratificante, molto più profondo di qualsiasi voto, perché mi ha aiutato a rendere migliore la mia testa, e di riflesso la mia persona.

I ricordi delle scale, della vista mare delle aule di Via Crispi angolo angolo Viale Virgilio, dei corridoi pieni di ragazzi che facevano comunella alle macchinette (scenario paragonato a Via D’Aquino il sabato sera!), delle passeggiate in palestra per ingannare ancora di più il tempo, di quando ci si rifugiava in bagno per stare un po’ da soli, del corridoio del primo piano pieno di foto, delle file in segreteria e in sala fotocopie, di quando ci si nascondeva negli angoli o si scappava verso le scale per sfuggire al professore di turno, che ti sgridava perché eri ancora in giro, dei piani strategici per poter copiare e suggerire, nonostante ti avessero spostato al primo banco, del gioco di squadra durante gli esami… sono questi tutti i ricordi che illuminano la mia mente.

La veduta panoramica dalla finestra dell’aula del primo piano, Via Crispi angolo Viale Virgilio

Vorrei poterne avere degli altri legati al liceo! Confesso che se potessi, tornerei di corsa indietro tra i banchi di scuola! Il Liceo è sempre stato il mio luogo sicuro, il posto in cui potermi rifugiare, dove poter superare i periodi difficili, ma è stato anche il luogo che mi ha dato le basi per capire quanto profonda e ricca di sfumature sia la felicità.
Ancora oggi, una delle mie idee di felicità rimane e sempre rimarrà questa: trascorrere una tipica settimana della 5^ O, nella piccola aula al primo piano, Via Crispi.

Carlotta Maggi

Foto gentilmente messe a disposizione dall'interessata.

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