Ho insegnato all’Uomo Ragno

Il prof. bipolare alle prese con la DaD L’insegnante in tempo di Covid è (stato)

Il prof. bipolare alle prese con la DaD

L’insegnante in tempo di Covid è (stato) un bipolare perfetto. Da una parte c’era la persona comune,  che doveva fare la spesa dopo interminabili file, che accendeva la tv greve di  preoccupazione prima di ogni tg, che guardava le strade vuote e sentiva il peso del deserto urbano, la pena della situazione pericolosa e incerta, il disagio di una serrata inusuale. Dall’altra il professore, il maestro, l’insegnante di sostegno, che la mattina spegnendo la sveglia ripassava gli orari dei collegamenti, controllava il segnale wifi e gli indirizzava epiteti poco edificanti, decideva quale maglione indossare (tanto, sotto, il pigiama restava al suo posto). 

Poi arrivava l’ora X. Non troppo presto, le prime ore le abbiamo perse quasi sempre. Alle nove gli alunni avevano la felpa di casa sul pigiama, i capelli arruffati, a volte una tazza in mano. Calendar chiamava, si sistemava un cuscino sulla sedia per dar sollievo alle creste iliache sovraffaticate, ci si incatenava stile Alfieri nella consueta postazione, resa il più possibile confortevole: acqua a portata di mano, un pacco di fazzoletti che non si sa mai, armamentario di penne come se non ci fosse un pc davanti con centinaia di stili di scrittura (ma poi sempre viva il Times New Roman).

Due minuti prima si sceglieva l’inquadratura. Meglio far vedere i tanti libri alle spalle (ammazza quanto ha studiato il prof, e quanto legge!) o meglio mostrare un quadro, uno scorcio di tenda con pianta verde, un lato bello del salotto borghese? 110 alunni mi entreranno in casa. Loro sì, che mi vedranno. Io con le occhiaie, i capelli stravolti, l’espressione sbigottita o ancora assonnata, dato che si dorme poco e male, ma nel cuore della notte ci imponiamo di prendere sonno perché “domani ho lezione”.
Loro invece no, non sempre si faranno vedere. La quantità di pc e cellulari dal microfono rotto e dalla cam malfunzionante è stata strabiliante. Roba da far gonfiare i portafogli dei tecnici di negozi di informatica, che però non erano ovviamente disponibili per riparazioni di emergenza.

Il prof. bipolare faceva lezione e nel mentre immaginava preoccupato scenari allucinanti: alunni nascosti dietro lo schermo spento che si sfidavano alla play, alunne che si messaggiavano su WhatsApp per criticare il suo look ‘pandemia mood’, genitori curiosi che improvvisamente volevano rendersi edotti su D’Annunzio o Freud, nascondendosi nell’angolo cieco della cam e spiandogli la casa.
E’ capitato che dall’altra parte in schermo ci fossero cagnoloni abbaianti, mamme con l’aspirapolvere, pacchi di acquisti on line che arrivavano e bisognava scendere a ritirare, fratellini da aiutare in collegamento con la loro maestra.
Un giorno nel riquadro di una alunna che si era alzata dalla postazione ho visto l’uomo ragno, giuro, pupazzo a grandezza naturale seduto sul letto. Sono rimasta un po’ basita, ho pensato all’istante ai brutti scherzi della Dad, poi lei è tornata a sedersi e mi sono detta che era tutto ok, solo stanchezza. Un altro alunno aveva la cam difettosa, che lo faceva apparire a testa in giù. Tra venti teste diritte, spiccava quella capovolta, stile Peter Parker. Due indizi fanno una coincidenza, diceva Agatha, quindi ancora non posso dire che ho insegnato all’ uomo ragno, ma inizio seriamente a crederlo.

Il prof. bipolare ha resistito, stoico, ad ogni paranoia mentale, e nel mentre “faceva” lezione (il verbo fare “è da evitare perché verbo tuttofare”? Ok, allora è perfetto, solo lui fotografa davvero la situazione). Certo, con poco feedback e tanta necessità di conferma.
“È chiaro? Tutto ok? Mi sono spiegato? Che dite, lo ripetiamo? Vi posto la registrazione?” Qualche alunno, mosso a pietà, iniziava ad attivare il microfono e poi arrivavano duecento “ok” sovrapposti. Si riprendeva fiato e via. A illustrare schemi, postare mappe, registrare video, chiedere chi volesse intervenire, escogitare compiti dove non incidesse troppo lo scopiazzamento e Wikipedia fosse demonizzato, preparare materiale accattivante, semplificante, illuminante.

Il prof. bipolare sa che se resta un 80% di ciò che ha preparato, è fortunato. E allora si confronta coi colleghi (quelli che stima), si prodiga per diffondere buone pratiche, si attiene all’ennesima circolare, si immagina dall’altra parte dello schermo, pensa in orari non scolastici a come fare una buona scuola (absit iniuria verbis), si rende conto che gli è calata un po’ la vista e si ripromette un controllo appena sarà possibile. 

Passano tre mesi, ciò che è precario e improvvisato diventa stabile e regolato,  e si arriva a giugno, alla conclusione di un anno sconclusionato. Si prova a tirare le somme, a estrarre una morale, e nel frattempo si esce di casa cauti e bardati, e si aspettano dall’Alto del Miur  decisioni di campale importanza sul futuro.
Forse il prof bipolare può riposarsi un po’, in attesa di riprendere la battaglia. Forse non ancora, perché ha gli esami in una, due, tre quinte, e condivide i patemi dei maturandi, risponde a decine di messaggi – a tutte l’ore, ma molti notturni – grondanti ansia, si prepara ad una esperienza forte, a cose che voi umani non avreste mai immaginato, a giorni frenetici e pieni di Amuchina. Intanto sa che l’ha sfangata, ce l’ha fatta, è sopravvissuto. Mette da parte il pantalone del pigiama e l’elmetto, prepara il materiale per il colloquio orale, la visiera e la mascherina. Quel che resta del cervello. E il cuore.   

Anna Caricasole

9 thoughts on “Ho insegnato all’Uomo Ragno

  1. Complimenti ad Anna, donna straordinaria….. Gino Palmisano? Lo dovresti conoscere…. Persona altrettanto straordinaria

  2. Divertente resoconto ma io mi domando: dove hai trovato il tempo per scrivere anche questo?
    P. S. Io credo che un Uomo Ragno ci fosse davvero fra i tuoi studenti

  3. Complimenti Anna.
    Stupenda la relazione tra “l’uomo ragno “- “ Peter Parker“ e “insegnante bipolare”.
    Hai reso perfettamente l’idea: Cervello-Cuore.

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