L’Assemblea di Istituto non è (solo) una festa

Considerazioni critiche sullo svilimento delle assemblee studentesche del Liceo Aristosseno È forse ora di riconoscere

Considerazioni critiche sullo svilimento delle assemblee studentesche del Liceo Aristosseno

È forse ora di riconoscere che nella mente degli studenti del nostro Liceo si è imposta, negli anni, un’idea sbagliata di assemblea d’istituto. Un momento di dialogo, confronto, espressione, condivisione è stato ridotto a un’occasione di svago caotico e – azzarderei a dire – fuori luogo. E quest’ultima non è che rappresentazione di una comunità studentesca forse pigra e disorganizzata, poco “politica”, sicuramente superficiale.
Dopo le esperienze degli ultimi mesi, c’è da temere che l’assemblea d’istituto sia stata confusa quasi con l’ora d’aria in carcere, e che gli studenti si sentano immedesimati in giovani detenuti in cerca di evasione.
Abbiamo forse guardato troppo “Mare Fuori“?

Vivere l’assemblea secondo le leggi del disordine e dell’euforia altro non è che il disperato e improprio tentativo di oscurare – o meglio dimenticare – la monotonia e l’ordinarietà delle ore di lezione. Stiamo sprecando una grande occasione, e ha sbagliato chi – tra i nostri rappresentanti – ci ha fatto credere che l’assemblea di istituto fosse solo una festa.
Non sentite forte l’esigenza di esprimere la vostra opinione, le vostre idee, magari conoscere quelle dei vostri coetanei, condividere con loro uno spazio specificamente dedicato alla comunità studentesca?
Prendere la parola di fronte ai propri coetanei dimostra grande volontà di partecipazione, è un atto di coraggio, tanto più perché ci regala l’opportunità di confrontarci con chi è in disaccordo e imparare ad accettare opinioni diverse. E’ una lezione di democrazia: ecco perché ogni assemblea è “politica”.

Possibile che il nostro pensiero critico, la nostra coscienza politica siano spente, addormentate, anestetizzate?
Reagite, parlate, esprimetevi, cercate il confronto! Quale occasione migliore di una assemblea studentesca?!
E’ significativo pensare a quanti mezzi di espressione e crescita ci siano stati serviti su un piatto d’argento, senza poi effettivamente essere stati sfruttati. L’assemblea d’istituto è una palestra di cittadinanza attiva.

Non siete stanchi di sentir parlare gli adulti al nostro posto, professori o genitori che siano?
Io sì, vorrei fossero gli studenti a raccontarsi e vorrei che ciò avvenisse con consapevolezza e senso di responsabilità della parola.
Pensate se dibattessimo, per esempio, di un argomento come la legalizzazione della cannabis: quanto sarebbe significativo se su temi come questo noi giovani avessimo voce in capitolo, anziché dover solo ascoltare quello che altri ci dicono! Potremmo rappresentare le istanze della nostra generazione, proporre la nostra narrazione sull’attualità, allenare il nostro senso critico in relazione a tutte quelle questioni, solo apparentemente “extra-scolastiche”, che hanno a che fare con quello che siamo e viviamo tutti i giorni.

Facciamo qualche esempio.
Ci lamentiamo spesso che le conoscenze che ogni giorno ci vengono proposte in aula siano libresche, astratte. La presunta “arretratezza dei programmi scolastici” è un classico tra le critiche sulla scuola sollevate dagli studenti italiani.
Ora – premesso che da più di un decennio i cosiddetti “programmi” sono stati sostituiti dalle Indicazioni Nazionali, che non impongono più in maniera rigida gli argomenti da trattare – quante questioni restano fuori dalle nostre lezioni, con la giustificazione di “essere indietro con il programma”? Perché il “programma” di storia non comprende la storia del femminismo? Perché, oltre alle pagine de Il Piacere, non vengono lette le poesie erotiche di Gabriele D’Annunzio? E’ solo una questione di mancanza di tempo, di “abitudine”, oppure si tratta di una sorta di censura, che dietro stereotipi e generalizzazioni nasconde un ostacolo alla crescita culturale dei giovani?

Veniamo a noi, però. Se riteniamo che la scuola sia affetta da una sorta di “cecità culturale” da decenni , siamo noi studenti a doverne urlare il bisogno. L’assemblea d’istituto, in questo caso, potrebbe costituire il mezzo attraverso cui portare tra le mura della scuola argomenti non ancora studiati tra i banchi.

Intendiamoci: non condanno né la vivacità né il desiderio di condividere un momento gioioso. Ma potremo almeno lamentare di sentire svilito il nostro diritto di riunirci in assemblea, fin quando questa sarà realizzata senza impegno e reale partecipazione?
Se solo la nostra giornata mensile fosse utilizzata per esprimersi in qualsivoglia maniera, per essere ascoltati, per mettere in atto uno scambio di opinioni sano e costruttivo, probabilmente ora non considererei l’assemblea di istituto una mera perdita di tempo.

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