Lasciarsi aiutare

Perché andare dallo psicologo non è una condanna

Vi è mai capitato di sentire i falsi miti che girano attorno alla figura dello psicologo? Quante volte abbiamo sentito frasi come “Dallo psicologo ci vanno solo i matti“, oppure “Se si sente il bisogno di sfogarsi non è necessario andare dallo psicologo, è sufficiente parlare con un amico“. Nonostante negli ultimi tempi siano stati fatti molti progressi, c’è ancora un forte stigma, un pregiudizio sociale, dietro la figura dello psicologo.

Chi è dunque lo psicologo? Qual è il suo compito?
Lo psicologo è un professionista sanitario che svolge attività di prevenzione, diagnosi, intervento, promozione della salute, abilitazione-riabilitazione, sostegno e consulenza in ambito psicologico. In genere si pensa che l’unico motivo per “andare dallo psicologo” sia una condizione di forte sofferenza psichica, che si riflette sulla vita sociale, familiare e lavorativa, tale da sfociare in situazioni più problematiche come la depressione, attacchi di panico o disturbi ansiosi. In realtà, non sono necessariamente questi i motivi per cui si decide di chiedere aiuto ad un professionista; un valido motivo può essere anche il semplice desiderio di miglioramento e crescita personale, l’esigenza personale di imparare a conoscersi ed acquisire sicurezza.

Nonostante tutti i benefici che derivano dal percorso psicoterapeutico, c’è sempre un grande scetticismo sulla scelta di intraprenderne uno, perché è molto comune la credenza che chiedere aiuto sia sinonimo di debolezza, e che le persone davvero forti debbano resistere e farcela da sole.
Per smentire questo falso mito bisognerebbe forse ripensare il ruolo che comunemente si associa alla vulnerabilità.
Essere vulnerabili è sinonimo di essere esposti, ed è questa sensazione di esposizione che spesso ci spaventa, perché ci fa sentire più deboli, disarmati, pronti ad essere derisi o traditi. La reazione più spontanea a questa paura di parlare di sé stessi ed essere di conseguenza troppo esposti è, spesso, fare esattamente l’opposto: chiudersi in sé stessi.

Chiudersi in sé stessi, a prima vista, potrebbe sembrare una valida soluzione: evitare di parlare del problema, di affrontarlo, sul momento sembra alleviare la propria condizione di malessere. Eppure, non affrontare un problema, rimandarlo o addirittura negarne l’esistenza troppo a lungo, può diventare una vera e propria trappola, da cui diventa sempre più difficile uscire col passar del tempo. Non sempre è facile rendersi conto che rinchiudere un problema nella propria testa può ingigantirlo e peggiorarlo.

Come ci si rende conto di aver bisogno di aiuto? Il più delle volte è proprio il corpo che ci lancia segnali per farci capire di essere arrivati al limite: pianti troppo frequenti, continua stanchezza fisica, difficoltà a divertirsi o a concentrarsi sono i sintomi più noti. Quando ci si rende conto di tutto ciò, bisogna trovare il coraggio di ammettere a sé stessi di aver bisogno di aiuto; e chi può offrircelo, se non proprio uno psicologo?

Attraverso il percorso psicoterapeutico si impara man mano ad esprimere i propri sentimenti e i propri malesseri, rendendosi conto che col passar del tempo la vulnerabilità che deriva dall’aprirsi con gli altri e la paura del sentirsi esposti in realtà non sono così spaventose come sembra, e che anzi possono renderci più forti.

Essere a contatto con i propri sentimenti ci aiuta a sviluppare consapevolezza di noi stessi, a capire di cosa abbiamo bisogno, cosa ci fa stare bene e cosa invece ci crea malessere. Si impara a conoscersi, capendo come migliorarsi senza per questo disconoscere i propri pregi e progressi.

Credere di “farcela da soli”, quando da soli soffriamo, è parte del problema, non la sua soluzione. La parte più difficile, in fondo, è solo trovare il coraggio di lasciare che sia qualcun altro ad aiutarci a fare del bene a noi stessi. Dopo, è tutto in discesa.