Fonte: bergamonews.it

Di scuola lavoro non si può morire!

L’Alternanza scuola-lavoro, introdotta dalla legge 107/2015 – la cosiddetta “Buona Scuola” – è una modalità

L’Alternanza scuola-lavoro, introdotta dalla legge 107/2015 – la cosiddetta “Buona Scuola” – è una modalità didattica che mira a integrare le conoscenze teoriche apprese a scuola con le loro applicazioni pratiche, in particolare attraverso opportunità di collaborazione con enti privati o pubblici del mondo del lavoro.

Oltre a fornire una formazione, essa orienta uno studente per un futuro percorso di studio o lavorativo. Bisogna inoltre tener conto che l’alternanza scuola-lavoro è stata resa obbligatoria dal 2015 per tutti gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, per un totale di 400 ore per gli istituti tecnici e 200 per i licei.

Nel 2019 ha assunto poi il nome di “Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO)”. Ogni anno centinaia di migliaia di ragazzi hanno modo di confrontarsi nei diversi settori di tipo lavorativo.

Fonte: avvenire.it

Negli ultimi anni, questa modalità didattica è stata contestata dagli studenti a causa delle misure di sicurezza inefficienti e della poca inerenza degli impieghi con il proprio indirizzo di studi.

Lorenzo Parelli, è uno dei tanti esempi, forse il peggiore. Durante un incontro di alternanza, nonostante stesse svolgendo un lavoro scolastico, è deceduto a causa di un incidente verificatosi nella sede di un’azienda industriale di Lauzacco (Pavia di Udine).
Il ragazzo è stato colpito da una barra metallica durante alcuni lavori di carpenteria, prontamente soccorso dai colleghi di lavoro e poi dal personale del 118, ogni tentativo di salvarlo è risultato vano.

La morte di qualsiasi persona per lavoro, o in questo caso, per la scuola, dove la sicurezza dovrebbe essere fondamentale, è inaccettabile. Ciò inaugura un grande dibattito tra gli enti lavorativi e gli studenti «L’alternanza scuola-lavoro non può essere trasformata in lavoro, oltretutto non retribuito, né le funzioni formative, gli stage, possono divenire l’occasione per ridurre il costo del lavoro e aumentare la produzione», ha scritto la Federazione Impiegati Operai Metallurgici. Dello stesso pensiero l’Unione degli studenti, secondo cui «Non si può considerare didattica ciò che sfrutta, ferisce e uccide». Soprattutto se non è la prima volta che accade.

Perciò è stato deciso di organizzare uno sciopero a livello nazionale per la giornata del 28 gennaio 2022, per denunciare l’accaduto in nome della sicurezza e per richiedere una maggiore tutela di questa modalità al fine di rendere l’esperienza pratica piú soddisfacente su tutti i fronti. Durante lo sciopero, gli studenti sono scesi nelle piazze di tutta Italia :  Roma, Napoli, Cagliari, Mantova, Potenza, Genova, Padova, Viterbo, Verona, Vicenza, Treviso, Martina Franca, Latina e altre ancora….
Anche nella nostra città, Taranto, si è verificata una mobilitazione che ha visto la partecipazione di un elevato numero di studenti del territorio.


È chiaro che la logica scuola-azienda sia inefficiente, e che i diritti dello studente non siano tutelati così come la sicurezza.

A tal proposito l’opinione di noi studenti riguardo le modalità di svolgimento di questo percorso e in generale, dell’iniziativa stessa, è tendenzialmente negativa poiché non ci permette realmente di conoscere e avviarci al mondo del lavoro.

Noi studenti critichiamo principalmente la scarsa inerenza dei progetti proposti rispetto ai nostri indirizzi di studio. Degli esempi di percorsi proposti che confermano le nostre considerazioni sono avvenuti proprio all’interno delle nostre mura scolastiche: una classe di indirizzo scientifico si è ritrovata a dover recensire libri alla libreria Mondadori; lo stesso è accaduto ad un’altra classe di indirizzo linguistico, cui era stato proposto un progetto di turismo, utile, ma allo stesso tempo poco fruttuoso. Dal momento che si è svolto nella nostra città non è stato possibile cimentarsi nell’uso di lingue straniere.

La componente studentesca alla luce di queste esperienze si domanda se abbia senso proseguire con questo tipo di progetti che offrono il contrario dell’esperienza e degli affacci al mondo del lavoro che ci si auspicava.


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