Fonte: Repubblica.it

D.a.D., quando finirai?

La recente ordinanza del Presidente della Regione Emiliano ci ha dato l’ennesima conferma riguardo la

La recente ordinanza del Presidente della Regione Emiliano ci ha dato l’ennesima conferma riguardo la DaD: per ulteriori due settimane sembra che non si possa ancora parlare di un ritorno in presenza, seppur parziale, in totale sicurezza. Una notizia, questa, che ha gettato nello sconforto la maggior parte di noi studenti, che da un anno siamo ormai intrappolati nella realtà virtuale della Didattica a Distanza.

Era il 10 giugno 2020, quando dopo tre mesi di lockdown, si impadronì di noi studenti la felicità di dare inizio alle vacanze estive, ma allo stesso tempo il timore di come le avremmo potute passare a causa di questo nemico invisibile, che da dodici mesi ha stravolto le nostre vite: il Covid-19.
Eppure tirammo un sospiro di sollievo, sollevati dal fatto di aver finalmente detto addio alla tanto odiata Didattica a Distanza. Per tre mesi, ci aveva allontanato dai compagni, dai professori, sostituendo il nostro amato compagno di banco con quell’oggetto che ormai abbiamo iniziato a conoscere fin troppo bene: il computer.

Con il passare dei giorni, cresceva la convinzione di poter tornare in classe in totale sicurezza, seppur con metodi e strumenti del tutto inusuali, come ad esempio l’introduzione dei famosi banchi con le rotelle, gli ingressi scaglionati, probabili turni pomeridiani e – in molti casi – l’adozione della “didattica mista”, la quale ci ha fatto porre, a noi studenti, almeno una volta, la domanda “Capiterò nel gruppo del/lla mio/a amico/a?

Nonostante vari dubbi e perplessità, il 28 settembre la scuola è ricominciata: in modalità mista, certo, almeno fino a quando
una seconda rilevante ondata di contagi non ci ha travolti e ci ha costretto nuovamente alla DaD. Ancora una volta, al mattino ci alziamo, ma non per dirigerci a scuola. Andiamo di nuovo lì, a quella scrivania con la solita tazza di caffè, accendendo il computer e attendendo l’inizio della prima videolezione. Questa volta, però, con la consapevolezza che tutto sarà diverso.
Questa seconda volta siamo tutti più “preparati”: la DaD non ci sembra più qualcosa di nuovo con cui dover familiarizzare, ogni procedura è già nota e dunque “ufficiale”, formalizzata; ma allo stesso tempo si fa strada in noi la paura di come evolverà questo nuovo anno scolastico.

Se un anno fa ci si poteva prendere la libertà di tenere la webcam spenta per nascondere il viso assonnato, ora non è più consentito.
Se prima le valutazioni date in DaD non erano voti “veri e propri”, ora anche a distanza siamo tenuti a sostenere verifiche ufficiali.
Se prima ci faceva comodo rimanere a casa e svegliarci un po’ più tardi, dopo tanti mesi persino la mancanza di quei tanto odiati mezzi pubblici inizia a farsi sentire.
Insomma, se fino a qualche tempo fa la DaD era – confessiamolo – più o meno apprezzata perché più “comoda” rispetto alla scuola tradizionale, oggi la tanto disprezzata vecchia routine e quei giorni della scuola tradizionale pre-Covid li sentiamo sfuggirci di mano, proprio mentre stiamo per recuperarli.

In tanti sostengono che in fondo questa modalità a distanza è “come stare a scuola”; ma la verità, per chi la vive tutti i giorni, è che niente potrà mai sostituire la “vera scuola”, quella seconda casa che ci ospitava tutte le mattine, che a volte abbiamo odiato, ma allo stesso tempo abbiamo amato, e che so che anche in futuro continuerà inevitabilmente a mancarci.

“Faremo tutto l’anno in DaD?” Molti studenti, ormai alle soglie del mese di marzo, se lo domandano quasi con rassegnazione, timorosi di ricevere una valutazione basata su un intero anno a distanza, con l’ansia che il proprio impegno non sia riconosciuto per quel che è, se la connessione inizia a fare brutti scherzi.

Fonte: Skuola.net

Analoghe inquietudini hanno riguardato a lungo gli esami di maturità: per mesi non abbiamo saputo se sarebbe stato ripristinato l’Esame di Stato “tradizionale” o se anche per quest’anno avremmo affrontato un’unica prova orale, in presenza, di fronte a una commissione composta da sei membri interni e un Presidente esterno. Oggi, quando poco meno di 4 mesi ci separano dal 16 giugno, la seconda opzione sembra ormai una certezza.

Si può dire che se l’anno scorso vivevamo il confinamento in casa con la convinzione che, in fondo, quei mesi di DaD sarebbero finiti presto, oggi, invece, davanti a noi è come se si proiettasse un enorme punto interrogativo: Quando finirà tutto questo?”
Viviamo alla giornata, le certezze vacillano, e il desiderio di ricevere aggiornamenti positivi e di poter ritornare a scuola cresce sempre più.

Le giornate sembrano come i pezzi di un domino: uguali, monotone, una tira l’altra e mentre il tempo nella nostra camera sembra come essersi bloccato, al contrario fuori dalla finestra scorre inesorabilmente, senza dare cenno di fermarsi. Chi ce lo restituirà?
Ecco, è questa una delle paure, in particolare delle quinte di quest’anno: la paura di arrivare subito agli esami di Stato senza esserci potuti godere con i compagni e con i professori, almeno un’ultima volta, quelle mura che ci hanno accolto e ci hanno visto crescere. La speranza di vivere il nostro quinto anno in presenza si fa sempre più esigua. Ma una cosa è certa: nulla potrà mai toglierci i ricordi più belli di questi anni passati all’Aristosseno, nemmeno il Covid-19.

A tal proposito, c’è una frase che fin da piccola mi ha sempre fatto riflettere e che a mio parere è una delle più belle che mi abbiano mai citato: “nulla è mai veramente perso finché lo ricordiamo”.
A voi studenti più piccoli, che siete entrati da poco nella nostra scuola, mi sento in dovere di dare un unico consiglio: godetevi questi anni meravigliosi, perché ve li porterete nel cuore per tutta la vita.

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