Amici di corridoio

Intervista al collaboratore scolastico Antonio Maiorano Da marzo 2020 – un anno, ormai – la

Intervista al collaboratore scolastico Antonio Maiorano

Da marzo 2020 – un anno, ormai – la nostra vita sociale ha subito una brusca inversione di rotta a causa della pandemia di Covid-19, tutt’ora in corso. Tra le misure di profilassi imposte dal governo italiano per assicurare una riduzione dei contagi, l’introduzione della D. a. D. (Didattica a distanza) nelle scuole è stata quella che mi ha riguardato più direttamente in qualità di alunna.
Naturalmente questa scelta obbligata ha portato tutti noi ragazzi a distaccarci non solo dalla quotidianità a cui eravamo abituati, ma soprattutto dalle persone con cui eravamo soliti interfacciarci. Era proprio il complesso e talvolta anche problematico groviglio di relazioni – tra pari e con gli adulti – infatti, che rendeva il contesto scolastico più emozionante e ineguagliabile.

Proprio per un sentimento di nostalgia verso questo lato “umano” del nostro percorso di istruzione, che ci caratterizza in quanto persone e non come semplici alunni, qualche giorno fa ho deciso di recarmi personalmente al Liceo per una breve intervista all’amatissimo collaboratore scolastico Antonio Maiorano.

Sebbene io abbia avuto modo di conoscere meglio Antonio solo negli ultimi anni, ho da subito notato e apprezzato la forza, la simpatia e la serenità che lo caratterizzano e che egli è solito trasmettere agli alunni ogni giorno. Sappiamo tutti quanto egli sappia essere, con gesti semplici, disponibile e premuroso verso tutti.  Non è raro che ascolti e sostenga noi alunni quando siamo preoccupati per problemi personali o in stato di ansia da interrogazione, o anche semplicemente per scambiare qualche parola.
Nel momento del bisogno, Antonio trova il modo di strapparci un sorriso e di spronarci ad essere la versione migliore di noi stessi. Quando mi è capitato di sentirmi un po’ persa in quei lunghi corridoi del Liceo, mi bastava incrociare il suo sguardo per sentirmi meglio, per sentirmi davvero a casa.  Ecco perché valeva davvero la pena andare a parlarci, in questo periodo così strano.

Sono ventidue anni che Antonio fa parte della comunità del Liceo Aristosseno.

Mi sono sempre sentito molto a mio agio qui e per questo, nonostante abbia avuto l’occasione, non ho mai voluto cambiare scuola

afferma.
Purtroppo per noi studenti non è ancora possibile tornarci e, di conseguenza, incontrare le persone a noi care; inoltre, anche lavorando/studiando, non è facile distrarsi dai pensieri negativi o tentare di non chiedersi costantemente Come sarebbe stato se tutto questo non fosse mai accaduto?, Cosa avremmo potuto fare?, Cosa ci siamo persi?

Antonio stesso mi confida:

lavorare in questo periodo è triste poiché non vedere in particolar modo voi studenti provoca un vuoto incolmabile.

Ci definisce “i pilastri, la fonte di questa scuola“, Antonio. E dice che si tratta di un convincimento dettato dallo stretto rapporto instaurato negli anni con gli studenti; una relazione che, tra le tante cose, lo ha aiutato a superare a sua volta frangenti difficili della propria vita.

I ragazzi mi sono stati vicini anche nei momenti più tragici e mi hanno tirato su il morale; ecco perché mi manca molto vedervi, avere un confronto con voi, approcciarmi a voi. In più per me è anche l’ultimo anno, e – se  le cose dovessero procedere in questo modo- sarebbe il più tragico.

Ebbene sì, ho scoperto che questo sarà l’ultimo anno di servizio di Antonio e – devo essere sincera – al sentirlo, mi sono commossa. E’ la sensazione della fine di un’era (forse perché coincide anche con la fine del mio percorso liceale… sono già passati cinque anni, incredibile).

E’ il momento di dare spazio ad altri, questo percorso per me è giunto alla fine. Io però saluterò tutti con un arrivederci e non con un addio

aggiunge Antonio, e – prima di lasciarci- il messaggio che dedica infine a noi ragazzi è:

Auguro un bene dell’anima a tutti e spero che possiate tornare quanto prima perché abbiamo bisogno di voi!

Già, è vero che molte volte ci troviamo di fronte a circostanze che ci portano ad abbatterci, a piegarci, come sta facendo ora lo stato d’emergenza cui è soggetto il mondo intero; ma paradossalmente sono proprio le esperienze come questa a renderci più forti e combattivi.

Perché focalizzarci esclusivamente su ciò che non va o sull’istante in cui finalmente potremo riavere indietro la nostra tanto desiderata libertà? La “meta”, in realtà, è solo un pretesto per farci andare avanti: come scriveva il famoso poeta americano Thomas Stearns Eliot, The journey not the arrival matters (Quello che conta è il percorso del viaggio e non l’arrivo)!

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