Taranto: the Waste Land?
Nei prossimi giorni la città si gioca il riconoscimento di Capitale Italiana della Cultura 2022.
Nei prossimi giorni la città si gioca il riconoscimento di Capitale Italiana della Cultura 2022. Ma c’è chi continua a descriverla come una tra le più brutte d’Italia.
Sono tanti i falsi miti e i luoghi comuni che condannano le città ad una stigmatizzazione spiacevole. Per fortuna, si tratta spesso solo di favole, cui alla gente piace credere invece di confrontarsi con la realtà.
È il caso della nostra Taranto, che con altre 5 città italiane si è ritrovata classificata come una delle città più brutte d’Italia dal sito excite.it. E non è un caso isolato. Sono numerose, infatti, le classifiche di questo tipo reperibili in Rete, all’interno delle quali è inclusa anche la città spartana.
“..Esistono però posti davvero infelici sia dal punto di vista estetico che a livello di qualità della vita, ben lontani degli standard europei”. È con queste parole che il sito web citato decide di introdurre la sua classifica. Excite definisce Taranto “simbolo della sconfitta di un modello industriale e di sviluppo che ha deturpato in tutti i sensi il Mezzogiorno”; in essa, l’immagine di “mura grigie e decadenti di una città dove purtroppo si registrano alti tassi di inquinamento ambientale e mortalità” secondo i recensori metterebbe in ombra la visione allegra e solare della Regione Puglia, a cui pure questa città appartiene.
Sorge spontanea una domanda: quale correlazione c’è tra la bellezza della città e l’inquinamento da cui è sommersa? È su questo particolare aspetto, infatti, che sembrano insistere le analisi critiche sinora citate.
Sotto il punto di vista ambientale, d’altronde, nessuno può negare che Taranto sia una città – a dir poco – trascurata. La presenza dell’industria pesante e chimica, infatti, nel corso dei decenni ha danneggiato non solo la salute delle persone che vivono nelle aree ad essa limitrofe, ma anche l’ambiente circostante, con l’inquinamento quotidiano dell’aria e persino del mare.
Gli effetti inquinanti dello stabilimento ex-Ilva, nel corso degli anni, hanno provocato tanti problemi, tante morti e un aumento smisurato di malattie, non c’è dubbio. Ma ciò non significa che il potenziale di una città debba ridursi ai danni causati da un’industria siderurgica. Troppo spesso si tende a ignorare che anche una città rovinata da un “mostro” del genere conserva il proprio fascino, preservato nelle tradizioni e nella storia che le appartiene.
Dopotutto parlare della bellezza, presente o meno, di una città significa anche mettere in discussione tutte le risorse che essa può offrire. E Taranto, di risorse da offrire, per una narrazione diversa della sua comunità e del suo paesaggio, ne ha davvero tante.
Si pensi solo al vanto del patrimonio storico e culturale inestimabile che la città offre. Un brivido percorre la schiena e un sentimento di orgoglio ci investe nel leggere il nome della nostra città su un libro di storia o di filosofia, nell’ammirare un’intera sala del British Museum di Londra dedicata ai reperti provenienti proprio dalla capitale della Magna Grecia, nel camminare per le strade della nostra Taranto rendendoci conto di quanto nobili e alte siano le sue origini e le testimonianze della sua storia millenaria.
Taranto ha dato i natali a uno dei più grandi musicisti del Settecento, Giovanni Paisiello, al filosofo, matematico e uomo politico Archita, a Tommaso Niccolò D’Aquino. Taranto è stata fonte di ispirazione per tante personalità illustri ,da Alda Merini ad Aldo Moro. Il suo fascino e le sue bellezze, di cui poco ci siamo presi cura, hanno ispirato poeti, filosofi, artisti i cui occhi alla vista del mare e del Galeso erano colmi di meraviglia.
E che dire, ancora: Taranto è ricca di usanze, tradizioni, modi di dire e dialetti che variano persino se ci si sposta di qualche chilometro: basti pensare ai Riti della Settimana Santa, conosciuti in tutta Italia, o alle particolari celebrazioni che vengono fatte ogni 22 novembre, giorno di Santa Cecilia: la preparazione delle ormai famose pettole, che inizia già alle prime ore del mattino; o le pastorali, che inondano il Borgo con la loro melodia ancor prima che il sole sorga.
Taranto è stata amata e deve continuare ad esserlo.
Probabilmente bisognerebbe riconoscere che quasi quattro tarantini su quattro possiedono una particolare predisposizione verso l’arte della lamentela e dell’autocommiserazione; sperano di svegliarsi un bel giorno in una città improvvisamente nuova e perfetta e fin quando questo non accadrà cercheranno ogni giorno il colpevole dei mali che affliggono Taranto. Ma ad essere responsabile del degrado non è forse, in primo luogo e in massima misura, questa cultura limitata e vigliacca della lamentela, tanto carica di rabbia e indignazione, quanto deficitaria di realismo e capacità di sana autocritica?
Taranto ha bisogno innanzitutto di qualcuno che ci creda.
E le persone che le hanno restituito un senso di orgoglio e di grandezza, per fortuna, non sono mancate, anche in tempi recenti: si pensi solo alla gioia seguita dalla vittoria del “nostro” Antonio Diodato, che all’inizio del 2020, prima che l’anno fosse funestato dall’emergenza pandemica, ha sbaragliato il Festival di Sanremo con la sua “Fai rumore”, dedicando il trionfo proprio alla sua comunità d’origine.
Il 2021 appena iniziato, poi, potrebbe regalarci un’altra grandissima gioia, permettendo a Taranto di rinascere nelle vesti di Capitale Italiana della Cultura. La cultura cambia il clima è, infatti, il claim che ha permesso sinora alla candidatura del capoluogo jonico di rientrare assieme ad altre 9 città italiane (Ancona, Bari, Cerveteri, L’Aquila, Pieve di Soligo, Procida, Trapani, Verbania, Volterra) nella shortlist finale del concorso bandito annualmente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Per Taranto e per i 12 comuni della Grecìa Salentina che partecipano al progetto di candidatura, e che in questa occasione hanno saputo fare rete valorizzando tradizioni, usi e stili di vita comuni, un’eventuale vittoria significherebbe avere finalmente una reale occasione di riscatto, un’opportunità simbolica e storica, oltre che materiale (la vittoria comporta infatti un premio da 1 milione di euro).
L’epidemia non ha costituito un grande ostacolo per il concorso. Nonostante il lockdown abbia rimandato molte iniziative nazionali , prorogando anche l’anno della precedente Capitale (Parma) al 2021 e facendo slittare gli esiti del bando del 2020, questo tempo aggiuntivo ha permesso di ampliare il dossier della candidatura di Taranto , integrando fattori di impatto legati all’emergenza epidemiologica e alla sostenibilità.
A tal proposito suonano chiare e ricche di speranza le parole del sindaco Rinaldo Melucci :
Nel nostro dossier c’è più anima, altri ne hanno affidato la redazione ad agenzie specializzate perché sono in cerca di una vetrina che aiuti la ripartenza. Per noi è, invece, la partita della vita, perché certifica un movimento che questa città ha già avviato e che vede nella cultura e negli eventi driver fondamentali per la trasformazione della propria immagine. Siamo la città che ha organizzato più eventi e festival dopo il lockdown, siamo contenti di farlo. Condividiamo con gli amici della Grecìa Salentina molte cose, ma soprattutto la consapevolezza che siamo ciò che raccontiamo e, in un progetto, siamo ciò che lasciamo dopo di noi.
Fonte: Comunicato Stampa Comune di Taranto
Il dossier di Taranto Capitale della Cultura 2022 prevede la proposta di numerosi eventi riguardanti storia, arte, enogastronomia, musica, natura, tradizioni, ambiente e c’è da augurarsi che anche in caso di sconfitta molti di questi propositi si realizzino.
Il vicesindaco Fabiano Marti ha ricordato come la candidatura rispecchi la voglia di riscatto e cambiamento di una città intera, se vogliamo della Puglia, con un progetto in cui sono state impiegate tante forze. Anche il Presidente della Regione Michele Emiliano ha augurato al dossier, che nei prossimi 14 e 15 Gennaio sarà presentato a Roma alla giuria nominata dal Ministero, di fare strada e realizzarsi per donare a Taranto un nuovo inizio.
Ancora una volta la cultura e il sapere ci offrono l’opportunità di ritrovare ricchezza, orgoglio, unità di una comunità e di una città affascinanti e uniche, tanto nel bene quanto nel “male”. Come dichiarato da Monoocher Deghati, fotografo franco-iraniano membro del comitato scientifico di Taranto Capitale della Cultura 2022, “Taranto è stata per anni una città vittima e ora merita questa vittoria”.
E allora, tornando alla notizia dei sondaggi sulle città italiane, bisognerebbe forse dire che non ha molto senso parlare di città più brutte o più belle di altre. Ogni luogo, persino quello che crediamo essere più insignificante, ha una propria storia e le proprie caratteristiche che lo rendono unico, inimitabile, ammirevole e ricco di bellezze. A fare la differenza è la volontà di assumersi la responsabilità della bellezza ricevuta. Apprezzarla e farla crescere.
Aurora Maglie, 3^ B
Martina Cervino, 3^ I
Bravissimi i nostri studenti che ci ricordano cos’e la Speranza. E la Speranza, secondo Sant’Agostino, ha due figlie: Rabbia e Coraggio. Rabbia per come stanno le cose e Coraggio per cambiarle..
Complimenti alle giornaliste che hanno colto i punti deboli e forti di Taranto, una città in cui la gente che si lamenta e’ molto spesso oi la stessa che deturpa e distrugge la città la notte del 31 dicembre, che la sporca e la oltraggia ogni giorno. Serve educare le persone e renderle fiere di abitare in questo luogo, quindi rispettose. E’ bello e onorevole quindi che siano dei giovani a scrivere questi articoli e disseminare idee gravide di speranza
Ancora brave