Una parvenza di normalità
Un alunno di 4^ L, Biagio Locricchio, ci scrive per raccontare la sua nostalgia della
Un alunno di 4^ L, Biagio Locricchio, ci scrive per raccontare la sua nostalgia della vecchia, “normale”, vita scolastica.
Il caso ha voluto che proprio ieri, in questo clima di paradossale “sospensione”, Biagio abbia raggiunto la maggiore età. Come nel caso di tanti altri studenti del nostro Liceo, non è stato esattamente il 18esimo compleanno che uno avrebbe sognato.
La redazione della Fenice, insieme a tutto il Consiglio di Classe della 4^ L, ai compagni e ai docenti, augura a Biagio – e con lui a tutti coloro che hanno vissuto o vivranno questa strana esperienza – un buon compleanno. La vita talvolta cambia strada e sceglie l’imprevedibile, proprio quando i nostri piani erano confezionati a puntino per infonderci certezza. Sta a noi, al nostro animo, rendere gli imprevisti delle opportunità.
Se non altro, una cosa è certa: un 18esimo compleanno così resterà indimenticabile. Auguri.
In questi due mesi vissuti dentro un film di fantascienza di chissà quale regista visionario, sono state tante le cose che mi sono mancate e che tuttora continuano a solcarmi l’anima ed i pensieri, in attesa di essere riconquistate. Ma c’è una cosa che forse non avrei mai pensato potesse mancarmi così tanto: la scuola. La mia cara vecchia scuola, tanto amata e tanto odiata allo stesso tempo, forse l’unica cosa che riesce a provocare emozioni contrastanti nello stesso momento.
Fin da quando l’ho conosciuta ho sognato di farci parte e poterci studiare; per me l’Aristosseno è sempre stato un ideale, un’istituzione. Quell’immenso palazzo rosa e bianco mi suscitava curiosità e voglia di studiare, studiare quello che più mi piace.
Questi quattro anni all’interno della nostra grande famiglia sono trascorsi troppo in fretta; e quando ormai mi trovo quasi con un piede fuori , proprio quando dovrei essere esattamente lì ed in nessun altro posto, a godermi il mio penultimo anno, ecco che mi ritrovo nella mia cameretta, davanti ad uno schermo, a cercare insieme ai miei compagni e i nostri professori una parvenza di normalità.
Ma la verità è che mi manca. Mi manca tutto quello che avevo fra quei banchi. Mi mancano i miei compagni, i miei professori, gli amici che proprio grazie a questa scuola sono diventati le persone più importanti della mia adolescenza.
Mi mancano le ore interminabili a fissare l’orologio; le conversazioni fra una lezione e l’altra che ci hanno uniti sempre di più; le corse per andare alle macchinette e aggiudicarsi l’ultimo pacchetto di pizzette con la carta blu; la fila per il caffè durante una lezione pesante, o semplicemente per fare una pausa; le ore di educazione fisica e quelle di lingue; le entrate a seconda; il caffè al Carlos e la sigaretta prima della campanella delle 8.
Mi mancano i giri in corridoio, gli incontri inaspettati e quelli sperati, i drammi e le discussioni per qualche incomprensione, l’ansia prima di un’interrogazione o di un compito in classe, le giustifiche e i ritardi, i giorni di festa passati a parlare a giocare e a viverci sotto un’altra prospettiva, i lavori di gruppo che erano occasioni per ritrovarsi il pomeriggio e passare del tempo insieme, le nottate a studiare convinti di non averci capito nulla e di dover prendere un brutto voto.
Mi manca alzarmi, riluttante, tutte le mattine, arrivare in ritardo, o aspettare qualche amico per entrare insieme; mi manca il mio banco attaccato al muro fra i migliori amici che potessi desiderare, la mia aula al primo piano, i rientri pomeridiani e le giornate intere passate a scuola, fra lezioni e corsi extra, che riempivano il tempo e ti facevano tornare a casa stanco ma col sorriso; le quattro chiacchiere con i compagni di altre classi; le assemblee e i comitati.
Mi manca la mia vita e ciò che la riempiva: la scuola.
Biagio Locricchio
Si ringrazia Gaia Musillo per le fotografie gentilmente messe a disposizione.